LA CORTE DI APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza. A scioglimento della riserva presa alla pubblica udienza del 27 marzo 2006 con fissazione del termine di giorni trenta per il deposito della decisione. O s s e r v a Con sentenza in data 19 luglio 2004 il Tribunale di Bergamo ha assolo Lembo Giuseppe, Mungianu Francesco e Nespola Alfeo dalle imputazioni loro ascritte di truffa pluriaggravata e di estorsione per insussistenza del fatto. Le difese delle parti civile costituite, Pagano Giuseppe, Colombelli Luisa, Pagano Roberto e Valzania Maurizio, hanno proposto rituale appello nei confronti del predetti imputati, chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, sia affermata la civile responsabilita' degli stessi, nonche' del responsabile civile Unicredito Italiano S.p.A., per i fatti di cui ai capi A) ed E) della rubrica. Successivamente alla proposizione dell'appello, e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006 n. 46, dalla cui interpretazione risulta, a parere di questa Corte, che la parte civile non ha piu' la possibilita' di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione dell'imputato. L'art. 576 del codice di procedura penale, nella sua attuale formulazione, prevede che «la parte civile puo' proporre impugnazione ai soli effetti della responsabilita' civile ... contro le sentenze di proscioglimento». Tale norma, collocata nel Titolo I del Libro IX, riguardante le disposizioni generali in tema di impugnazioni, non fa riferimento ad alcuno specifico mezzo di impugnazione, essendo stato soppresso il richiamo al «mezzo previsto per il pubblico ministero», che, nell'ambito della passata disciplina, costituiva il solo elemento testuale che legittimava e rendeva possibile l'appello della parte civile, non contemplato autonomamente nel Titolo II del Libro IX, che disciplina in maniera specifica tale mezzo di gravame. In forza di quanto previsto dall'art. 568 del codice di procedura penale, il quale, fissando in via generale il principio della tassativita' delle impugnazioni, stabilisce che un provvedimento del giudice puo' essere impugnato solo dai soggetti espressamente indicati e col mezzo espressamente stabilito, deve pertanto escludersi che alla parte civile sia attribuito il potere di proporre appello avverso la sentenza di assoluzione dell'imputato. Per quanto concerne gli appelli proposti (come quelli in esame) prima dell'entrata in vigore della legge n. 46/2006, la norma transitoria di cui all'art. 10, primo comma (la cui presenza vieta di per se' il ricorso al principio tempus regit actum di cui all'art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale) stabilisce che la legge predetta si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, all'evidente scopo, e col conseguente effetto, di rendere inammissibili gli appelli gia' proposti. Non e' previsto, per gli appelli gia' proposti dalla parte civile, un regime transitorio analogo a quello contemplato, dal secondo e terzo comma dell'art. 10, per le altre parti, imputato e pubblico ministero, con la conseguenza che alla parte civile non compete ne' la notifica dell'ordinanza di inammissibilita' ne' la possibilita' di proporre ricorso per cassazione, integrando, ai sensi dell'art. 8 della novella, i motivi di cui all'art. 585, comma quarto del codice di procedura penale. Per il principio della tassativita' dei mezzi di impugnazione, non e' possibile una interpretazione estensiva di questa disciplina transitoria in modo da renderla applicabile, senza una espressa previsione in tal senso, anche alla parte civile. Ne risulta una evidente disparita' di trattamento fra pubblico ministero ed imputato da un lato e parte civile dall'altro; tale disparita' appare manifestamente priva di qualsiasi ragionevole giustificazione, trattandosi in tutti e tre i casi di parti dello stesso procedimento, e costituisce quindi violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione nonche' di quello dello svolgimento del procedimento in condizione di parita' fra le parti di cui all'art. 111 della Costituzione. La questione e' rilevante nel presente procedimento perche' dal suo accoglimento dipende la tutela giurisdizionale della pretesa risarcitoria della parte civile, in sede di applicazione della disciplina transitoria della legge n. 46/2006, quanto meno nelle stesse forme previste per il pubblico ministero e l'imputato, con la possibilita' di proporre ricorso per cassazione entro quarantacinque giorni dalla dichiarazione di inammissibilita' dell'appello, integrando i motivi gia' depositati (i quali, altrimenti, ove si ritenesse possibile la diretta conversione dell'appello in ricorso per cassazione, sarebbero sicuramente destinati ad incorrere in declaratoria di inammissibilita', in quanto vertenti, ovviamente, sul merito della decisione di primo grado).